Intestazione 2

Un libro deve essere un’ascia per il mare ghiacciato che è dentro di noi - (Franz Kafka)

giovedì 4 giugno 2015

"Storia di neve" - Mauro Corona

casa editrice: Arnoldo Mondadori editore
I edizione: ottobre 2008
Romanzo fantasy 
Mauro Corona nasce il 9 Agosto del 1950 a Balsenga di Piné, un comune in provincia di Trento. Appassionato, sin dall’infanzia, della montagna e dell’alpinismo.
La sua carriera di scrittore nasce nel 1977 con l’uscita di alcuni suoi racconti su “Il gazzettino”.
Con il libro : “cani, camosci, cuculi (e un corvo)” vince il Cardo d’argento al 37° premio Itas del libro di montagna. 
“la fine del mondo storto” vince il premio bancarella. 
Nel 2014 vince il premio Mario Rigoni Stern. 

Nèrt dolà i gn’èlio come te altre lèuc?” 
“Erto dove esiste un altro luogo come te?” cit. Sante Della Putta

Proprio ad Erto, paese di residenza dell’autore, si compirà un atroce destino.
 Nella gelida notte, del giorno dell’epifania nel 1919, nella contrada di San Rocco, nasce Neve Corona Menin. 
“Un gelo da castigo, cosa rara quando nevica perché la neve nel suo cadere scalda un poco il freddo”.
 Il freddo più pungente non sembrava creare problemi al suo esile corpicino, anzi il fuoco affianco a lei pareva smorzarsi.
Neve, bambina dal nome per niente religioso (che si contrappone a quello della madre Maria), è una creatura speciale, infatti essa ha il dono di guarire. 
Questa magica atmosfera viene subito spezzata dal cinismo degli abitanti del luogo, cinismo che sfocerà poi in crudeltà, a partire proprio da suo padre, che decide di sfruttare questo dono per arricchirsi: con l’aiuto di alcuni suoi compaesani, inscena dei finti malanni da far guarire alla bambina.
Nella già dura realtà di un paese, dove il semplice vivere già costa fatica, questi cadranno in un aspirale di avidità e violenza, molti omicidi insanguineranno il paese di Neve. 
Corona descrive i personaggi (sempre con la sua caratteristica asprezza) non solo esternamente, ma anche dando al lettore la sensazione di conoscerli di persona. La stessa cosa vale per i luoghi, descritti per quello che sono, con ruvidità, senza dover aggiungere troppi aggettivi.

“Un tempo quassù quando cantava il cuculo si faceva il fuoco di San Floriano, un enorme falò innalzato all’inizio del paese […] intorno a questo fuoco si cantava, si ballava, si mangiava e si beveva per tre giorni e tre notti, in modo da festeggiare il ritorno della primavera come Dio comandava.” 
Attorno a questo rito del fuoco, Corona, fa girare le vicende del paese, contrapponendo in maniera brillante, la violenza, la durezza e le disgrazie degli Ertani, con la magia del bosco,della primavera,della neve e soprattutto della Valle del Vajont.


In memoria delle 1.917 vittime del disastro del Vajont: dove la sera del 1963 nel bacino idroelettrico artificiale del Vajont, a seguito di un enorme frana del Monte Toc, l’acqua superò la diga provocando l’inondazione e distruzione degli abitanti del fondovalle veneto, tra cui Longarone. Il disastro coinvolse anche Erto e Casso.

Daniela Natalucci


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